FEMMINILE E MASCHILE: DUE UNIVERSI DIVERSI E COMPLEMENTARI - Luigi Pinto

FEMMINILE E MASCHILE: DUE UNIVERSI DIVERSI E COMPLEMENTARI

26 Nov 2021 - Editoriali

FEMMINILE E MASCHILE: DUE UNIVERSI DIVERSI E COMPLEMENTARI

Femminile. Una parola meravigliosa, spesso svalutata.
Credo che rendere onore alle donne si possa e si debba fare celebrando le qualità che possiedono, lontane e imprescindibili per noi uomini. Il ruolo della donna in una società è cosa da non sottovalutare, ma anzi esaltare, restituendogli il valore che temo stia perdendo.

Mi pongo spesso una domanda, delicata e complicata al tempo stesso: esistono differenze tra uomini e donne? Ebbene, la mia risposta prevede un sì: in natura c’è innegabilmente una differenza fisica, biologica. Una donna può portare in grembo un figlio, io, uomo, no. Una donna può allattare un figlio, io, uomo, no. Come possiamo non essere diversi? Ma credo anche che questa differenza sia da esaltare, da iniziare a considerare, finalmente, sotto una luce positiva.
Sia ben chiaro, i diritti devono (ed è imperativo) essere uguali per tutti. Questo, a mio modesto parere, significa che il mio ruolo nella società, seppur non uguale al tuo, deve avere lo stesso valore: diritti uguali per necessità diverse.
Siamo diversi e complementari.
Il miglior esempio, in cui mi sono imbattuto di recente, che ben descrive ciò che immagino quando parlo di inclusività attraverso la diversità è la cosiddetta “medicina di genere”: la medicina genere-specifica è definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come lo  studio dell’influenza delle differenze biologiche (definite dal sesso) e socio-economiche e culturali (definite dal genere) sullo stato di salute e di malattia di ogni persona. Un crescente numero di dati clinici evidenzia l’esistenza di differenze rilevanti nell’insorgenza e nella manifestazione delle malattie comuni a uomini e donne. Il che presuppone anche un diverso approccio alla malattia e relative cure diversificate, a seconda del genere di appartenenza. Senza entrare in campi che non mi competono, osservo semplicemente attraverso questo esempio che non sempre la distinzione è un male.
Concepire uomo e donna come diversi e complementari non sarebbe forse un vantaggio per tutti?
Parliamo, ad esempio, di maternità e lavoro, argomento molto sentito e dibattuto.
Una donna che dà la vita è una delle espressioni più belle del mondo. Eppure, è innegabile che al giorno d’oggi mettere al mondo un figlio stia diventando sempre più complicato, specie perché la maternità e il lavoro sono due universi che difficilmente si riescono a far coesistere quietamente. Credo che parte della difficoltà che le donne affrontano nel momento della maternità sia data anche dal volerle vedere a tutti i costi “maschilizzate”. Senza contare, in primis, l’assenza di uno Stato sociale all’altezza. Si potrebbero prendere qui innumerevoli deviazioni e aprire altrettante parentesi citando quanto, per fare un esempio su mille, nei paesi anglosassoni una donna sia più tutelata rispetto all’Italia. Quanto sia agevolata nel prendere un congedo di maternità, conservando il proprio posto di lavoro, senza gravare sull’imprenditore. Abbiamo bisogno di uno Stato che subentri laddove sia necessario, dove la colpa non esiste, né da una parte (una donna che mette al mondo un bambino) né dall’altra (un imprenditore che deve mandare avanti un’azienda senza cali di risorse). Ma per questa digressione troveremo maggiore spazio in futuro.
Tornando alla nostra riflessione sull’universo femminile e la sua specifica bellezza, mi sovviene un personalissimo ricordo. Ho sempre ritenuto, infatti, che la “nostra” famiglia, la famiglia tipicamente italiana intendo, sia decisamente matriarcale. Se penso all’immagine di un focolare, inteso come luogo accogliente e nucleo della vita sociale, al suo centro vedo una figura femminile, la figura di una donna, di una madre. Non è così nei paesi del Nord Europa, dove questo attaccamento alla figura della mamma, della famiglia, della casa, non è così sentito.
La famiglia è un valore inestimabile che noi italiani abbiamo ma che, con mio grande rammarico, rischiamo di perdere.
Mi permetto infine un’ultima, breve divagazione. Ho utilizzato poc’anzi un aggettivo, “matriarcale”, che contrapporrei ad un altro, “matriarcalista”. Nella mia personale visione, l’estremizzazione, come spesso capita, rischia di diventare dannosa: dicevamo prima che, a parità di diritti (verità sacrosanta e inalienabile), le nostre diversità possono essere meravigliose. Maschilizzare una donna non rischia forse di diventare controproducente? Esasperare un’uguaglianza a tutti i costi, non rischia forse di appiattire quelle peculiarità che vanno invece salvaguardate e protette?
E qui, infine, rifletto su quello che è l’argomento di questi giorni.
Il femminicidio esiste, ma esiste da sempre. Esso non è nato con il suo termine, coniato solo di recente: venti, trenta, quaranta anni fa esistevano episodi di omicidi compiuti da mariti, fidanzati, amanti. La violenza sulle donne è orribile e, non sarebbe necessario dirlo, deprecabile. Ma non dimentichiamoci di dire che ogni genere di violenza è da condannare, e forse c’è da domandarsi anche: perché oggi nasce così tanta violenza? Da cosa scaturisce? Credo che una riflessione su questo tema sia necessaria.

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