LE INFINITE DIETROLOGIE SULLA MAFIA E I SOSPETTI SU UNO STATO CHE LA COMBATTE - Luigi Pinto

LE INFINITE DIETROLOGIE SULLA MAFIA E I SOSPETTI SU UNO STATO CHE LA COMBATTE

6 Mar 2023 - Editoriali

LE INFINITE DIETROLOGIE SULLA MAFIA E I SOSPETTI SU UNO STATO CHE LA COMBATTE

Complici gli eventi degli ultimi mesi (si veda l’arresto lo scorso 16 gennaio del super latitante Matteo Messina Denaro), il dossier “mafia” è nuovamente balzato agli onori della cronaca e delle più comuni chiacchiere da bar.

La mafia è tornata a far parlare di sé dunque ma, fortunatamente, almeno negli ultimi tempi, per notizie buone: un respiro e una boccata di ottimismo per chi quella mafia la combatte da anni.
Solo pochi mesi fa le prime pagine dei giornali erano dedicate all’arresto da parte dei carabinieri del Ros di Matteo Messina Denaro, il boss stragista di Castelvetrano latitante da 30 anni.
Di solo qualche giorno fa, invece, la notizia dell’arresto della sorella, Rosalia Messina Denaro, assieme a Matteo il nocciolo duro di una famiglia di sangue, che ha scalato le gerarchie di Cosa nostra ed è sopravvissuta al vertice dell’organizzazione per i trent’anni successivi all’arresto di Totò Riina, il “Capo dei capi” del corleonese.

Un periodo di grande orgoglio per le forze dello Stato, che dedicano la vita alla lotta a una delle forme di criminalità più tossiche del Paese, che però viene sempre più spesso appannato dalle solite dietrologie.

Non si è perso molto tempo infatti, subito dopo gli accadimenti, a commentare come gli arresti di questo genere siano sempre troppo tardivi o troppo sospetti, di come accadano casualmente nel momento in cui un boss è in declino (Messina Denaro è stato arrestato proprio nella clinica di Palermo dove si stava curando per un tumore) e finanche di come sia quasi scontata una collusione tra Stato e mafia.
Infastidisce immaginare che la latitanza di un super boss avvenga “a casa sua”, sotto il naso dei carabinieri. Ci si vorrebbe aspettare una fuga più rocambolesca, ci si immagina una latitanza più “sensata”, in un paese del Sudamerica, dimenticando l’imprescindibile legame della mafia con il suo territorio.
Rimanere a casa è l’unica strada per un boss, anche da latitante.

Ma si sa, a pensar male si fa sempre prima.
Senza dimenticare la fastidiosa, mi si permetta, tendenza ad eroicizzare la mafia stessa. Sotto sotto le figure potenti e temute ci piacciono, anche se affondano i valori più alti di uno Stato. Anche se si macchiano di crimini indicibili.
Ci piacciono quelle figure da fiction, assecondiamo persino i deliri di chi dice “Essere incriminati di mafiosità, arrivati a questo punto, lo ritengo un onore. Noi figli della Sicilia stanca di soprusi. Ci ringrazieranno”, facendoci dimenticare che di onorevole c’è poco o nulla. E che la realtà non è Gomorra.

La gloria delle forze dell’ordine dunque dura sempre troppo poco e si ritrova invece a rispondere a chi, dietro a un arresto così importante non vede l’operato e il sacrificio di uomini e donne valorosi, ma qualcosa di sospetto.

C’è poca fiducia in uno Stato che combatte la criminalità e troppi pochi riconoscimenti per chi di questi arresti dovrebbe farne un punto di orgoglio. E di questo dobbiamo dispiacercene tutti.
Perché semplicemente non voglio e non posso immaginare uno Stato che non pensi ai suoi cittadini e stringa in silenzio le mani alla mafia.


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